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    i-Lasik, differenza tra la FEMTOLASIK e la LASIK

    La sostanziale differenza tra la FEMTOLASIK e la LASIK tradizionale consiste nel modo in cui si realizza il lembo corneale (flap).

    Infatti anzicchè utilizzare uno strumento meccanico come il microcheratomo, dotato di una lama di acciaio oscillante, nella FEMTOLASIK ( i-Lasik)

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    Sono materiali che vengono iniettati nella pelle del viso, con un ago molto sottile, per riempire rughe, pieghe, depressioni, cicatrici, solchi nasogenieni pronunciati, o per aumentare il volume delle labbra, del mento e degli zigomi.

    I primi utilizzi dei fillers risalgono alla fine degli anni '60 sotto forma di olio di silicone per rimediare agli in estetismi del viso (solchi o rughe)

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    CROSS-LINKING nel cheratocono e della cornea

    Il cross-linking è una tecnica poco conosciuta in oftalmologia ma, al contrario, è molto usata nella scienza dei polimeri per aumentare la potenza meccanica di un materiale

    La tecnica del cross-linking può essere eseguita usando una certa varietà di metodi chimici e fisici. Gli esperimenti hanno dimostrato che la riboflavina è quella che si presta meglio per il rafforzamento della cornea.

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Il cross-linking è una tecnica poco conosciuta in oftalmologia ma, al contrario, è molto usata nella scienza dei polimeri per aumentare la potenza meccanica di un materiale. La tecnica del cross-linking può essere eseguita usando una certa varietà di metodi chimici e fisici. Gli esperimenti hanno dimostrato che la riboflavina è quella che si presta meglio per il rafforzamento della cornea.

Cross-linking nel cheratocono

Un trattamento non-invasivo CCL (corneal collagen cross-linking riboflavin) ha dimostrato di poter rinforzare la struttura corneale debole in pazienti con cheratocono. Il metodo funziona aumentando i collegamenti incrociati (cross-linking) tra collagene, che sono gli "agganci" naturali, una sorta di ponti all'interno delle molecole della cornea. Questi agganci sono fondamentali per impedire alla cornea di incurvarsi ulteriormente e divenire ripida ed irregolare (che è proprio la causa del cheratocono).

Il trattamento CCL viene eseguito come un normale intervento di routine, e consiste in una sola seduta di trattamento. Nella prima parte del trattamento, una soluzione monouso di riboflavina, viene applicata più volte sulla cornea per un periodo adeguato al suo assorbimento (5-15 minuti).

 

Formula chimica della Riboflavina

La seconda parte del trattamento consiste nell’esporre la cornea a trattamenti consecutivi di raggi ultravioletti A (UVA), 365-nm per 30 minuti (6 trattamenti di 5 minuti ciascuno), emessi ad una apposita apparecchiatura (VEGA- CSO).
 
Questo processo ha dimostrato in laboratorio e negli studi clinici di poter aumentare l'ammontare dei collegamenti di collagene nella cornea e quindi di fortificare la cornea.

Collagene denso (Cornea)

In alcuni studi europei pubblicati, il trattamento si è dimostrato sicuro e funzionante sui pazienti. Non sono state riportate complicazioni nel cristallino o nella retina grazie al limitato uso dei raggi ultravioletti. Nessuna mutazione nella densità delle cellule endoteliali o nell'opacità della cornea.
In alcuni casi è possibile evidenziare negli strati superficiali della cornea una leggera “interfaccia” che rappresenta l’evidenza clinica dell’effetto del cross-linking negli strati superficiali ed intermedi del collagene corneale.

In uno studio durato 3 anni su pazienti con cheratocono in avanzamento attivo, l'incremento dei valori non solo è stato bloccato ma addirittura appiattito di 2.00D. I risultati sono stati confermati nei successivi 3 anni di follow-up.

Il trattamento CCL può essere combinato anche con gli anelli Intacs per appiattire ulteriormente il cheratocono, in modo da essere più efficace rispetto ai singoli Intacs. In questi casi, si possono ottenere risultati più efficaci e stabilizzati. In alcuni casi si è riuscito ad ottenere anche più di 10.00D di appiattimento. Il trattamento CCL si sta rivelando anche una promessa nello stabilizzare le cornee dei pazienti che si sono sottoposti a cheratotomia radiale.

La sostanziale differenza tra la FEMTOLASIK e la LASIK tradizionale consiste nel modo in cui si realizza il lembo corneale (flap). Infatti anzichè utilizzare uno strumento meccanico come il microcheratomo, dotato di una lama di acciaio oscillante, nella FEMTOLASIK ( i-Lasik) si utilizza per creare il flap un laser ad altissima frequenza detto a femtosecondi che azzera quindi ogni rischio meccanico e consente di realizzare un lembo corneale di maggiore precisione e di spessore minore (anche soli 90 micron) rispetto al microcheratomo (140-160 micron) il che consente di avere più tessuto corneale sano (non tagliato) e quindi più resistente nel tempo a possibili sfiancamenti della superficie posteriore.
Per il resto i vantaggi sono quelli indiscussi della LASIK, sia essa standard o customizzata, come la completa assenza di dolore post-operatorio, l’immediato recupero visivo, una terapia post-operatoria cortisonica di brevissima durata, l’ assenza di rischio di “haze” post-operatorio (opacità corneale) e la minore possibilità di regressione del risultato ottenuto.

 

La visita pre-operatoria

Come per la PRK e’ un momento di fondamentale importanza per l’intervento in cui attraverso accurati e scrupolosi esami è necessario uno studio non solo della refrazione del paziente ma soprattutto di tutta una serie di esami che potrebbero sconsigliare un intervento LASIK e far orientare il chirurgo verso una tecnica di fotoablazione di superficie o addirittura escludere la possibilità dell’intervento.

Enunciamo tutti gli esami da fare:

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Autorefrattometria

eseguita dapprima con la pupilla reagente e poi in dilatazione ed eventualmente in cicloplegia

Schiascopia

La schiascopia è una tecnica che consente di accertare e misurare la capacità rifrattiva dell' occhio
 
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Cheratometria

per valutare l’entità e la regolarità dell’astigmatismo

Esame dell’acutezza visiva

viene rilevato sia il visus naturale che quello corretto con la migliore correzione tollerata
 
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E’ uno dei parametri più importanti da valutare ogni volta che si pensa di correggere un difetto visivo con il laser ad eccimeri; già nella tecnica di ablazione in superficie (PRK) una sua errata valutazione potrebbe influire negativamente sul risultato finale nella visione notturna; nella FemtoLasik, oltre a questo, deve essere considerato anche il fatto che il taglio che il laser a femtosecondi riesce a fare non supera mai i 9,5 –9,8 mm di diametro per cui se il laser ad eccimeri realizza una zona ampia di trattamento con una buona transizione gli spot più periferici della zona ablata finiscono sulla cornea non tagliata danneggiando l’epitelio e soprattutto senza un effetto utile di transizione.

Certamente rispetto alla Lasik tradizionale, nella FemtoLasik esiste l’indubbio vantaggio di creare un lembo corneale esattamente centrato sulla pupilla, cosa che non sempre capita utilizzando il microcheratomo per cui è molto più facile che anche un trattamento ampio con il laser ad eccimeri non cada al di fuori del flap creato.

Lo studio della pupilla viene realizzato con un sofisticato strumento detto “pupillometro” il quale valuta la reattività pupillare in diverse condizioni di illuminazione, da quella scotopica (notturna) a quella fotopica (diurna).

Nei casi in cui si riscontra una pupilla eccessivamente larga in pazienti con difetti visivi di una certa entità può esse

re necessario escludere una FemtoLasik e pensare ad una PRK oppure escludere il paziente del tutto da un eventuale trattamento visto che con una pupilla molto larga il laser dovrebbe ablare una quantità così elevata di tessuto che la cornea verrebbe pericolosamente troppo assottigliata con il rischio in futuro di sfiancamenti od ectasie della superficie corneale posteriore.

Biomicroscopia con lampada a fessura

Biomicroscopia con lampada a fessura

Con questo esame è necessario escludere che il paziente soffra di qualche patologia oculare acuta o cronica che potrebbe rappresentare una controindicazione assoluta all’intervento (cheratiti, distrofie corneali ed erosioni epiteliali, leucomi corneali, patologie del segmento anteriore, cataratt

Tonometria

Tonometria

E’ importante misurare la pressione endo-oculare con un “tonometro ad applanazione” oppure “a soffio” per escludere una patologia glaucomatosa; nella i-Lasik è previsto l’ uso di colliri cortisonici solo per qualche giorno e quindi non esiste la possibilità di innalzamento della pressione endooculare come invece capita nella PRK dove gli steroidi topici vengono instillati per diversi mesi.

Esame del fondo oculare

Esame del fondo oculare

E’ importante escludere patologie della retina centrale e periferica nonché del nervo ottico; a tale scopo viene utilizzata la lente a tre specchi di Goldmann posta a contatto della cornea previa instillazione di alcune gocce di collirio anestetico per escludere lesioni regmatogene della retina periferica, più probabili nei miopi, che richiedono eventualmente un trattamento di fotocoagulazione laser; nella i-Lasik bisogna essere ancora più scrupolosi nell’esplorare la periferia retinica in quanto in questo intervento è prevista una suzione del globo oculare che lo immobilizza completamente prima e durante l’azione del laser a femtosecondi; tale suzione però innalza, anche se per pochi secondi, il tono oculare a circa 30-35 mm di mercurio non arrivando ai 55-60 mm di mercurio indotti dal microcheratomo e questo rappresenta senz’altro un altro vantaggio della FemtoLasik rispetto alla Lasik.

E’ sempre bene però che all’esame del fondo oculare non sfugga alcuna lesione regmatogena della periferia della retina in quanto da quel punto si potrebbe avere nel post-operatorio una importante patologia retinic

Pachimetria

Pachimetria

Attraverso uno strumento detto “pachimetro ad ultrasuoni” oppure con una tomografia corneale computerizzata (Orbscan o Pentacam) si misura lo spessore corneale centrale, dato molto importante per valutare la fattibilità o meno dell’intervento; una cornea normale misura dai 500 ai 600 micron di spessore; quando questo è inferiore a questi valori potrebbe esserci una alterazione iniziale della cornea come un cheratocono frusto e ciò merita sempre grande attenzione; inoltre, come già spiegato in precedenza, con una pachimetria bassa, una consistente miopia ed un diametro pupillare ampio potrebbe essere necessario escludere una FemtoLasik ed orientarsi verso una PRK e comunque evitare sempre che un trattamento laser assottigli troppo la cornea con il pericolo di sfiancamenti o ectasie corneali post-operatorie (cheratocono posteriore).

Il vantaggio nella FemtoLasik è che è possibile programmare esattamente lo spessore del flap corneale cosa impossibile utilizzando il microcheratomo; pertanto avendo la possibilità di realizzare flap anche di soli 90 micron (un lembo tanto sottile implica una buona manualità del chirurgo per il pericolo che si perfori) rispetto ai 160 micron nella lasik, tanti pazienti a cui non era possibile praticare questa tecnica possono oggi essere sottoposti alla FemtoLasik con ottimi risultati.

Topografia corneale computerizzata

Topografia corneale computerizzata

Tramite la proiezione di un disco di Placido sulla cornea e l’interfacciamento con un computer, questo esame fornisce importanti dati qualitativi e quantitativi sulla superficie corneale anteriore calcolando il potere diottrico e il raggio di curvatura di centinaia di puntini di questa superficie e ne dà una rappresentazione grafica che appare come una mappa in scale codificate di colori.

In sede preoperatoria è un esame molto importante per escludere cheratoconi iniziali o altre patologie corneali ma soprattutto per valutare l’entità e la regolarità dell’astigmatismo nonchè le caratteristiche della superficie che sarà sottoposta ad ablazione soprattutto la forma, la simmetria e la curvatura. Il raggio laser, essendo uniforme, riprodurrà sulla zona ablata le stesse eventuali irregolarità presenti sulla superficie interessata dal trattamento.

Tomografia corneale computerizzata

Tomografia corneale computerizzata

Si può eseguire con l’Orbscan della Bausch e Lomb oppure con il Pentacam della Oculus, strumenti in grado di acquisire tramite una scansione laser informazioni di oltre 9000 punti della cornea in poco più di un secondo.

È un esame di fondamentale importanza in quanto l’unico che consente di misurare la forma della superficie corneale sia anteriore che posteriore (altri sistemi misurano soltanto la superficie anteriore) e di conseguenza fornire un valore preciso dello spessore della cornea in ogni suo punto nonché calcolare la profondità della camera anteriore.

Nella FemtoLasik è consigliabile escludere dall’intervento quei pazienti che presentano un rapporto tra la superficie anteriore e posteriore della cornea superiore ad 1,25.

Aberrometria

Aberrometria

Si esegue con uno strumento chiamato “aberrometro”; è un esame capace di rilevare e misurare sia qualitativamente che quantitativamente, in condizioni sia statiche che in midriasi, ogni imperfezione che la luce incontra nel suo percorso ottico, dalla cornea fino al piano della retina, producendo una distorsione dei raggi luminosi e quindi un’imperfetta focalizzazione dell’immagine sulla retina.

Test di Schirmer

Test di Schirmer

E’ un test che misura la quantità della lacrimazione per mezzo di una piccola striscia di carta assorbente la cui estremità viene posta all’interno della palpebra inferiore e tenuta in sede per qualche minuto.

Se è un test importante nella PRK lo è ancora di più nella FemtoLasik (i-Lasik) in cui i pazienti presentano nel post-operatorio una evidente secchezza lacrimale che dura circa un anno. È indispensabile quindi evitare di sottoporre al trattamento FemtoLasik pazienti con scarsa secrezione lacrimale di base che potrebbero presentare problemi di sofferenza del “flap” corneale, soprattutto nei trattamenti ipermetropici.

Per un maggior confort del paziente, è mia prassi, nei primi tre mesi post-operatori , inserire dei “puntum plug” nei punti lacrimali, ossia dei cilindretti in collagene di meno di un millimetro di diametro che riducono il deflusso delle lacrime e si dissolvono da soli in 2- 3 mesi quando i sintomi della secchezza lacrimale da FemtoLasik vanno riducendosi.

Come si svolge l’intervento

Nella FemtoLasik le fasi dell’intervento sono due e precisamente:

  • uso del laser a femtosecondi per la creazione del flap corneale
  • uso del laser ad eccimeri per l’ablazione del tessuto corneale.
 

Uso del laser a femtosecondi

Instillazione di alcune gocce di collirio anestetico 5 minuti prima di entrare in sala laser; quindi disinfezione della zona periorbitaria con Iodopovidone.

Il paziente si sdraia su un lettino a base ruotabile al di sotto dell’apparecchio laser ad eccimeri.

Per una perfetta sterilità le ciglia vengono isolate da un cerotto adesivo sterile e subito dopo viene applicato un delicato divaricatore palpebrale (blefarostato) per evitare la chiusura delle palpebre.

A questo punto si pone sull’occhio un anello di suzione collegato attraverso un piccolo tubicino di raccordo ad una siringa il cui pistone va mantenuto pigiato; dopo aver ben centrato l’anello di suzione sulla cornea, il pistone della siringa viene rilasciato bruscamente al fine di creare una depressione o pressione negativa che immobilizza l’occhio; tale pressione è di circa 30-35 mm di mercurio e quindi non 55-60 come quella che si ottiene con il microcheratomo nella Lasik.

Quindi si ruota il lettino posizionando il paziente al di sotto del laser a femtosecondi; con un joystick si fa lentamente scendere il laser sull’occhio del paziente e si pone il cono di applanazione del laser (monouso) nell l’anello di suzione posto precedentemente sull’occhio del paziente. A questo punto è sufficiente compiere alcune manovre di aggiustamento dell’inclinazione dell’anello di suzione per trovarsi nella posizione ottimale per la procedura di taglio; tutte queste fasi vengono seguite dal chirurgo grazie ad un ampio monitor del laser a femtosecondi sistemato davanti a lui. Si aziona il pedale del laser ed in meno di 20 secondi viene effettuato il precisissimo taglio di una lamella di tessuto corneale per circa 300 gradi , lasciando nella parte superiore una cerniera; il diametro, lo spessore e l’angolazione del “flap” corneale, grazie alla precisione di questo strumento, sono esattamente quelli da noi desiderati. Sempre con il joystick il laser viene sollevato dall’occhio e la poltrona con il paziente ruotata e sistemata sotto al microscopio del laser ad eccimeri.

.

 

L’intervento è ambulatoriale, viene eseguito in genere bilateralmente e dura in tutto dai tre ai cinque minuti per occhio; è completamente indolore con un modesto fastidio indotto dal divaricatore palpebrale e dall’anello di suzione nella fase di creazione del “flap”; come nella PRK si avverte un odore di “pollo arrosto” durante il trattamento dovuto all’effetto termico del laser sulla cornea .

Con gli attuali laser ad eccimeri di ultima generazione si riescono a correggere i difetti visivi con una precisione di circa il 90%; qualora non si riuscisse ad ottenere la correzione desiderata è possibile risollevare il “flap” corneale ed eseguire un ritrattamento dopo 4-6 mesi o anche oltre; nei trattamenti di ipermetropie medio-elevate è possibile ottenere nei primi mesi una ipercorrezione che quindi genera miopia ma che tende ad azzerarsi nei 5-6 mesi successivi portando l’occhio all’emmetropia; è quindi consigliabile in questi casi attendere prima di un eventuale “ritocco”.

Terapia post-operatoria

Somministrazione subito dopo l’intervento di colliri antibiotici, cortisonici e Acido Ialuronico per 5 giorni; analgesici per via orale nei rari casi di fastidio post-operatorio.

Instillazione di colliri cortisonici ed Acido Ialuronico 3-4 volte al giorno per 7 giorni.

Somministrazione di sostituti lacrimali 2-3 volte al dì per qualche mese.

Decorso post-operatorio

E’ incredibilmente rapido anche più della Lasik.Nelle prime 2-3 ore dopo l’intervento il paziente può avvertire una sensazione di corpo estraneo, talvolta lacrimazione o fotofobia; tutti sintomi che scompaiono comunque nel giro di poche ore.

La visione subito dopo il trattamento risulterà già soddisfacente con un notevole miglioramento nelle 24 ore successive; per ottenere invece una buona “qualità” sarà necessario attendere alcune settimane.

E’ bene ricordare che nei trattamenti di ipermetropie medio-elevate si ottiene nei primi mesi una ipercorrezione che quindi genera miopia ma che tende ad azzerarsi nei 5-6 mesi successivi; in questo caso quindi il decorso post-operatorio sarà un pochino più lungo.

Nei primi giorni è consigliabile:

  • non frequentare ambienti eccessivamente polverosi, fumosi e secchi
  • non sfregarsi gli occhi soprattutto al risveglio
  • non truccarsi
  • non esporsi a riflessi solari in maniera prolungata e senza occhiali di buona qualità
  • evitare lampade abbronzanti
  • Si suggerisce per 3-4 settimane:
  • di evitare i bagni in piscina o al mare
  • di evitare il contatto con sostanze irritanti
  • di prestare molta attenzione a shampoo e sapone.
  • di sospendere o ridurre nei primi giorni le normali attività lavorative

Il chirurgo oculista responsabile del trattamento deve sottoporre il paziente a controlli inizialmente frequenti, poi a scadenza prefissata; tali controlli, compresi quelli topografici, si rendono assolutamente necessari per verificare l’andamento dell’intervento.
La negligenza nel seguire la terapia e le scadenze dei controlli può influenzare il risultato finale ed essere causa di complicanze.

Vantaggi della FEMTOLASIK standard

I vantaggi della FemtoLasik rispetto alla PRK sono i seguenti:

  • completa assenza di dolore post-operatorio
  • immediato recupero visivo
  • terapia post-operatoria cortisonica di breve durata
  • ssenza di rischio di “haze” post-operatorio (opacità corneale)
  • minore possibilità di regressione del risultato ottenuto

I vantaggi della FemtoLasik invece rispetto alla LASIK sono i seguenti:

  • minore rischi intraoperatori vista la eliminazione del taglio meccanico con il microcheratomo
  • lembi corneali più sottili, perfettamente centrati e precisi.

Svantaggi della FEMTOLASIK standard

Gli svantaggi della FemtoLasik rispetto alla PRK sono i seguenti:

  • eseguibile solo per difetti miopici non particolarmente elevati, su cornee di buono spessore e con pupille non eccessivamente ampie (maggiore di 8 mm di diametro);
  • non viene eseguita da tutti i chirurghi in quanto di più difficile esecuzione; è necessario affidarsi ad operatori con grande esperienza in chirurgia rifrattiva che hanno dedicato molto tempo all’apprendimento di questa tecnica chirurgica;
  • costo dell’intervento più elevato.

Questa tecnica è particolarmente consigliata nei casi di astigmatismi o ipermetropie di grado medio-elevato nonchè nelle miopie di grado lieve-moderato in cui è necessario un recupero visivo molto più rapido rispetto a quello ottenibile con le tecniche di superficie come la PRK.

Negli anni passati,

si preferiva questa tecnica nelle miopie elevate preferendo l’ablazione di superficie per i difetti di minore entità. Questo perché, con le precedenti generazioni di laser, più era l’entità del difetto da trattare e più esisteva il pericolo di “haze” ossia di opacità corneali cicatriziali che invece non si presentavano quando il trattamento veniva fatto nello spessore della cornea ossia con la Lasik. Oggi invece, vista la migliorata qualità dei laser, la tendenza è esattamente opposta; nella miopia, si tende ad utilizzare la PRK per difetti di maggiore entità e la Lasik per miopie lievi; ciò vale anche per l’ipermetropia e l’astigmatismo che fino a 2-3 diottrie possono essere trattate senza rischi con la PRK.

Un’altra cosa, non di secondaria importanza, che fa oggi preferire la PRK nei difetti miopici elevati è che tanti anni di esperienza di Lasik hanno insegnato che non bisogna assottigliare troppo la cornea per non rischiare nel futuro degli sfiancamenti o ectasie della superficie corneale posteriore cosa che di tanto in tanto ci capita di vedere in quei pazienti in cui, per un forte difetto visivo, la cornea veniva assottigliata troppo.

Un’ultima considerazione che può indurre il chirurgo a non fare una Lasik è un paziente con una pupilla estremamente larga, oltre gli 8 mm di diametro, in quanto il taglio che il microcheratomo riesce a fare (l’uso del laser a femtosecondi non è ancora di routine) non supera mai i 9,5 mm per cui se il laser realizza una zona ampia di trattamento con una buona transizione gli spot del laser finiscono sulla cornea non tagliata danneggiando l’epitelio e soprattutto senza un effetto utile di transizione.

 

La visita pre-operatoria

Come per la PRK e’ un momento di fondamentale importanza per l’intervento in cui attraverso accurati e scrupolosi esami è necessario uno studio non solo della refrazione del paziente ma soprattutto di tutta una serie di esami che potrebbero sconsigliare un intervento LASIK e far orientare il chirurgo verso una tecnica di fotoablazione di superficie o addirittura escludere la possibilità dell’intervento.

Enunciamo tutti gli esami da fare:

Brand relaunch
 
 

Autorefrattometria

eseguita dapprima con la pupilla reagente e poi in dilatazione ed eventualmente in cicloplegia

Schiascopia

La schiascopia è una tecnica che consente di accertare e misurare la capacità rifrattiva dell' occhio
 
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Cheratometria

per valutare l’entità e la regolarità dell’astigmatismo

Esame dell’acutezza visiva

viene rilevato sia il visus naturale che quello corretto con la migliore correzione tollerata
 
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Misurazione del diametro pupillare

E’ uno dei parametri più importanti da valutare ogni volta che si pensa di correggere un difetto visivo con il laser ad eccimeri; già nella tecnica di ablazione in superficie (PRK) una sua errata valutazione potrebbe influire negativamente sul risultato finale nella visione notturna; nella Lasik, oltre a questo, deve essere considerato anche il fatto che il taglio che il microcheratomo riesce a fare non supera mai i 9,5 mm di diametro per cui se il laser realizza una zona ampia di trattamento con una buona transizione gli spot più periferici della zona ablata finiscono sulla cornea non tagliata danneggiando l’epitelio e soprattutto senza un effetto utile di transizione. Lo studio della pupilla viene realizzato con un sofisticato strumento detto “pupillometro” il quale valuta la reattività pupillare in diverse condizioni di illuminazione, da quella scotopica (notturna) a quella fotopica (diurna).
Nei casi in cui si riscontra una pupilla eccessivamente larga in pazienti con difetti visivi di una certa entità può essere necessario escludere una Lasik e pensare ad una PRK oppure escludere il paziente del tutto da un eventuale trattamento visto che con una pupilla molto larga il laser dovrebbe ablare una quantità così elevata di tessuto che la cornea verrebbe pericolosamente troppo assottigliata con il rischio in futuro di sfiancamenti od ectasie della superficie corneale posteriore.

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Biomicroscopia con lampada a fessura

Con questo esame è necessario escludere che il paziente soffra di qualche patologia oculare acuta o cronica che potrebbe rappresentare una controindicazione assoluta all’intervento (cheratiti, distrofie corneali ed erosioni epiteliali, leucomi corneali, patologie del segmento anteriore, cataratta).
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Tonometria, tecnica di misurazione

E’ importante misurare la pressione endo-oculare con un “tonometro ad applanazione” oppure “a soffio” per escludere una patologia glaucomatosa; nella Lasik è previsto l’ uso di colliri cortisonici solo per qualche giorno e quindi non esiste la possibilità di innalzamento della pressione endooculare come invece capita nella PRK dove gli steroidi topici vengono instillati per diversi mesi.
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Esame del fondo oculare

E’ importante escludere patologie della retina centrale e periferica nonché del nervo ottico; a tale scopo viene utilizzata la lente a tre specchi di Goldmann posta a contatto della cornea previa instillazione di alcune gocce di collirio anestetico per escludere lesioni regmatogene della retina periferica, più probabili nei miopi, che richiedono eventualmente un trattamento di fotocoagulazione laser.

Nella Lasik bisogna essere ancora più scrupolosi nell’esplorare la periferia retinica in quanto in questo intervento è prevista una suzione del globo oculare che lo immobilizza completamente prima e durante lo scorrimento del microcheratomo; tale suzione innalza, anche se per pochi secondi, il tono oculare a circa 55-60 mm di mercurio per cui, qualora sfuggisse una lesione regmatogena periferica, si potrebbe avere qualche importante patologia retinica.

Pachimetria

Attraverso uno strumento detto “pachimetro ad ultrasuoni” oppure con una tomografia corneale computerizzata (Orbscan Pentacam) si misura lo spessore corneale centrale, dato molto importante per valutare la fattibilità o meno dell’intervento; una cornea normale misura dai 500 ai 600 micron di spessore; quando questo è inferiore a questi valori potrebbe esserci una alterazione iniziale della cornea come un cheratocono frusto e ciò merita sempre grande attenzione; inoltre, come già spiegato in precedenza, con una pachimetria bassa, una consistente miopia ed un diametro pupillare ampio potrebbe essere necessario escludere una Lasik ed orientarsi verso una PRK e comunque evitare sempre che un trattamento laser assottigli troppo la cornea con il pericolo di sfiancamenti o ectasie corneali post-operatorie (cheratocono posteriore).

 

Topografia corneale computerizzata

Tramite la proiezione di un disco di Placido sulla cornea e l’interfacciamento con un computer, questo esame fornisce importanti dati qualitativi e quantitativi sulla superficie corneale anteriore calcolando il potere diottrico e il raggio di curvatura di centinaia di puntini di questa superficie e ne dà una rappresentazione grafica che appare come una mappa in scale codificate di colori.

In sede preoperatoria è un esame molto importante per escludere cheratoconi iniziali o altre patologie corneali ma soprattutto per valutare l’entità e la regolarità dell’astigmatismo nonchè le caratteristiche della superficie che sarà sottoposta ad ablazione soprattutto la forma, la simmetria e la curvatura. Il raggio laser, essendo uniforme, riprodurrà sulla zona ablata le stesse eventuali irregolarità presenti sulla superficie interessata dal trattamento.

Test di Schirmer

E’ un test che misura la quantità della lacrimazione per mezzo di una piccola striscia di carta assorbente la cui estremità viene posta all’interno della palpebra inferiore e tenuta in sede per qualche minuto.
Se è un test importante nella PRK lo è ancora di più nella Lasik in cui i pazienti presentano nel post-operatorio una evidente secchezza lacrimale che dura circa un anno. È indispensabile quindi evitare di sottoporre al trattamento Lasik pazienti con scarsa secrezione lacrimale di base che potrebbero presentare problemi di sofferenza del “flap” corneale, soprattutto nei trattamenti ipermetropici..

Come si svolge l’intervento.

Le fasi dell’intervento sono le seguenti:

Instillazione di alcune gocce di collirio anestetico 5 minuti prima di entrare in sala laser.

Il paziente si sdraia su un lettino mobile al di sotto dell’apparecchio laser.

Per una perfetta sterilità le ciglia vengono isolate da un cerotto adesivo sterile e subito dopo viene applicato un delicato divaricatore palpebrale (blefarostato) per evitare la chiusura delle palpebre.

Con un apposito marcatore corneale ed un colorante si segnano sulla cornea alcuni punti di repere importanti per il riposizionamento del flap corneale alla fine del trattamento.

 

A questo punto è necessario realizzare sulla cornea il “taglio lamellare” cioè tagliare un sottile strato semicircolare di tessuto superficiale (con un diametro dagli 8 ai 10 mm ed uno spessore dai 130 ai 200 micron); questo taglio viene comunemente realizzato da uno strumento chiamato “microcheratomo” oppure da un laser di ultima generazione detto “a femtosecondi”.

Quando si utilizza il microcheratomo viene posizionato sull’occhio un anello metallico collegato ad una pompa di suzione; nel momento in cui il chirurgo fa partire la pompa di suzione l’anello intrappola il globo oculare diventando tutt’uno con esso e facendo scomparire la visione al paziente che vede completamente nero; su un perno di questo anello viene inserito il microcheratomo all’interno del quale esiste una piccolissima lama di acciaio che grazie ad un motore elettrico oscilla in modo velocissimo in avanti e indietro ; lo strumento, avanzando automaticamente dal basso verso l’alto, esegue un taglio orizzontale di una lamella di tessuto corneale per circa 300 gradi, lasciando nella parte superiore una cerniera. A questo punto il “flap” corneale appena realizzato viene sollevato ed aperto come fosse “la pagina di un libro”.

Si è pronti a questo punto ad eseguire il vero e proprio trattamento fotoablativo con il laser ad eccimeri nella parte interna della cornea così esposta; questa fase dura dai 20 ai 50 secondi a seconda dell’entità del difetto da trattare durante i quali il paziente viene invitato a guardare una luce di fissazione lampeggiante proveniente dalla testa del laser.

Terminato il trattamento laser il “flap” corneale viene riposizionato utilizzando i punti di repere disegnati con un colorante e con un apposito marcatore nelle fasi di preparazione dell’intervento.

Si medica con colliri antibiotici, cortisonici e lacrime artificiali.

L’intervento è ambulatoriale, viene eseguito in genere bilateralmente e dura in tutto dai quattro ai sei minuti per occhio; è completamente indolore con un modesto fastidio indotto dal divaricatore palpebrale e dall’anello di suzione nella fase di creazione del “flap”; come nella PRK si avverte un odore di “pollo arrosto” dovuto all’effetto termico del laser sulla cornea .

Con gli attuali laser ad eccimeri di ultima generazione si riescono a correggere i difetti visivi con una precisione di circa il 90%; qualora non si riuscisse ad ottenere la correzione desiderata è possibile risollevare il “flap” corneale ed eseguire un ritrattamento dopo 4-6 mesi o anche oltre; nei trattamenti di ipermetropie medio-elevate è possibile ottenere nei primi mesi una ipercorrezione che quindi genera miopia ma che tende ad azzerarsi nei 5-6 mesi successivi portando l’occhio all’emmetropia; è quindi consigliabile in questi casi attendere prima di un eventuale “ritocco”.

Terapia post-operatoria

Somministrazione subito dopo l’intervento di colliri antibiotici, cortisonici e Acido Ialuronico per 5 giorni; analgesici per via orale nei rari casi di fastidio post-operatorio.

Instillazione di colliri cortisonici ed Acido Ialuronico 3-4 volte al giorno per 10 giorni.

Somministrazione di sostituti lacrimali 2-3 volte al dì per qualche mese.

Decorso post-operatorio

E’ incredibilmente rapido dopo Lasik.Nelle prime 2-3 ore dopo l’intervento il paziente può avvertire una sensazione di corpo estraneo, talvolta lacrimazione o fotofobia; tutti sintomi che scompaiono comunque nel giro di poche ore.

La visione subito dopo il trattamento risulterà già soddisfacente con un notevole miglioramento nelle 24 ore successive; per ottenere invece una buona “qualità” sarà necessario attendere qualche mese.

E’ bene ricordare che nei trattamenti di ipermetropie medio-elevate si ottiene nei primi mesi una ipercorrezione che quindi genera miopia ma che tende ad azzerarsi nei 5-6 mesi successivi; in questo caso quindi il decorso post-operatorio sarà un pochino più lungo.

Nei primi giorni è consigliabile:

  • non frequentare ambienti eccessivamente polverosi, fumosi e secchi
  • non sfregarsi gli occhi soprattutto al risveglio
  • non truccarsi
  • non esporsi a riflessi solari in maniera prolungata e senza occhiali di buona qualità
  • evitare lampade abbronzanti

Si suggerisce per 3-4 settimane:

  • di evitare i bagni in piscina o al mare
  • di evitare il contatto con sostanze irritanti
  • di prestare molta attenzione a shampoo e sapone.
  • di sospendere o ridurre nei primi giorni le normali attività lavorative

Il chirurgo oculista responsabile del trattamento deve sottoporre il paziente a controlli inizialmente frequenti, poi a scadenza prefissata; tali controlli, compresi quelli topografici, si rendono assolutamente necessari per verificare l’andamento dell’intervento.
La negligenza nel seguire la terapia e le scadenze dei controlli può influenzare il risultato finale ed essere causa di complicanze.

Vantaggi della LASIK standard

I vantaggi della Lasik rispetto alla PRK sono i seguenti:

  1. completa assenza di dolore post-operatorio
  2. immediato recupero visivo
  3. terapia post-operatoria cortisonica di breve durata
  4. assenza di rischio di “haze” post-operatorio (opacità corneale)
  5. minore possibilità di regressione del risultato ottenuto

Svantaggi della LASIK standard

Gli svantaggi della Lasik rispetto alla PRK sono i seguenti:

  1. eseguibile solo per difetti miopici non particolarmente elevati, su cornee di buono spessore e con pupille non molto ampie;
  2. maggior rischio chirurgico correlato ad un possibile malfunzionamento del microcheratomo nel momento in cui si realizza il lembo corneale; è una complicanza possibile ma rara vista l’attuale affidabilità dei microcheratomi;
  3. non viene eseguita da tutti i chirurghi in quanto di più difficile esecuzione; è necessario affidarsi ad operatori con grande esperienza in chirurgia rifrattiva che hanno dedicato molto tempo all’apprendimento di questa tecnica chirurgica;
  4. costo dell’intervento più elevato.

La PRK (PhotoRefractive Keratectomy o fotocheratotomia refrattiva) fa parte della chirurgia refrattiva. Messa a punto all’inizio degli anni 80, è stata approvata dalla FDA americana nel 1995, anche se era già utilizzata in altre nazioni come in Canada.

 

L'efficacia della PRK

La PRK è eseguita con un laser ad eccimeri che emette un fascio di luce ultravioletto con altissima energia specifica, ma basso potere penetrante nelle cellule biologiche, causando una fotoablazione per dissociazione molecolare su strati infinitesimali e senza danno per le cellule adiacenti.

Il raggio laser può rimuovere, entro valori predeterminati dal chirurgo, degli strati monocellulari, in quanto interrompe i legami tra le molecole e provoca una evaporazione del bersaglio. Con ritocchi infinitesimali, la curvatura della superficie corneale dell’occhio viene quindi adattata in modo permanente secondo le nostre esigenze.

La PRK è particolarmente efficace nel trattamento della miopia: in questo caso lo specialista rimuove la parte centrale più superficiale della cornea, detta epitelio corneale, ottenendone così un appiattimento.

Per correggere l’astigmatismo, la cornea deve invece essere resa maggiormente sferica. L’operatore provvederà a modificare la forma del raggio per poter rimuovere il tessuto nei ounti necessari.

Per correggere l’ipermetropia il trattamento prevede invece una fotoablazione di un anello periferico corneale così da permettere una maggiore curvatura centrale della cornea. Si può eseguire solo in casi di ipermetropia con valori medi.

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Durante l’Intervento

La PRK è una procedura ambulatoriale: entriamo e usciamo dallo studio con le nostre gambe, non dobbiamo essere ricoverati! La procedura non richiede più di un minuto e rimaniamo svegli per tutto il tempo. In alcuni casi viene dato un blando sedativo per bocca.

La maggior parte delle persone non sente nessun dolore durante la PRK: i nostri occhi sono prima anestetizzati con un alcune gocce di collirio anestetico, poi veniamo fatti sdraiare sulla poltrona dell’oculista e posizionati sotto l’apparecchio laser. Si opera sempre un occhio per volta. E’ applicato un divaricatore per mantenere le nostre palpebre ferme, ma non è fastidioso. E’ presente anche un anello aspiratore che ha funzione di mantenere l’occhio immobile.

A questo punto l’oculista regola sul computer i parametri del laser affinchè si adattino alle nostre esigenze di correzione. Ci chiederà di fissare un puntino luminoso per un breve periodo mentre attraverso la strumentazione osserva il nostro occhio per assicurarsi che rimanga sempre nella stessa posizione durante il funizionamento del laser. E’ molto importante mantenere lo sguardo fisso sulla sorgente luminosa per ottenere il miglior risultato dall’intervento.

Durante il funzionamento il laser emette dei click che indicano che l’emissione degli impulsi: è possibile percepire un odore un po’ acre dovuto al tessuto che viene rimosso, ma non preoccupatevi, è assoultamente normale! Maggiore è la correzione da effettuare, più tempo ci vorrà per completare la procedura.

L’oculista ci potrà fare una prescrizione per il dolore post-operatorio, ma la maggior parte delle persone non ha grandi fastidi e riferisce una sensazione di un dolore sopportabile.

Non abbandoneremo subito lo studio dopo esserci sottoposti alla PRK, ma rimarremo per un po’ di tempo a riposo. Nel frattempo l’oculista ci avrà applicato una lente a contatto terapeutica ed un collirio antibiotico. E’ consigliabile non guidare per il rientro a casa: ci faremo accompagnare da un amico o un parente così avremo un apreoccupazione in meno!

 

Dopo l’intervento

Nei giorni che seguono l’intervento, l’occhio rimane dolente fino a che le cellule superficiali della cornea, rimosse con la fotoablazione, non si sono riprodotte. Il recupero visivo avviene in 2-3 settimane, mentre il completo processo di guarigione, che dipende dalla reazione biologica individuale, richiede talvolta alcuni mesi. Dopo una settimana è possibile eseguire il trattamento di PRK sull’altro occhio.

E’ opportuno nn fare sforzi fisici prolungati per almento una settimana per non interferire con il processo di guarigione. Evitare di strofinarsi gli occhi (raccomandazione che ci verrà fatta a più riprese dal nostro oculista).

  • Miopia

    Miopia

    La miopia è un errore di refrazione. Ciò vuol dire che l'occhio non devia (rifrange) la luce correttamente e non consente, quindi, una percezione nitida dele immagini. Quando si è miopi, si vede abbastanza bene da vicino (dipende dalla miopia!) ma si vede male da lontano.

  • Astigmatismo

    Astigmatismo

    L’astigmatismo è un difetto di messa a fuoco dovuto alla conformazione della cornea che nel soggetto normale ha forma simmetrica, sferica mentre nell’astigmatico ha forma asimmetrica, ellissoidale, ovalare. Nella cornea normale tutti i meridiani hanno uguale potere refrattivo mentre nell’astigmatico i meridiani hanno potere refrattivo diverso.

  • Ipermetropia

    Ipermetropia

    L’ipermetropia è sempre presente alla nascita quando il bulbo oculare è lungo 17 mm ma con la crescita tende ben presto a ridursi sino quasi a scomparire; spesso residuano una o due diottrie che permangono sino alla pubertà ed anche oltre. Quando invece l’accrescimento del bulbo non si arresta si può arrivare ad una miopia

  • Presbiopia

    Presbiopia

    La presbiopia è un disturbo della vista che di solito insorge verso i 45-50 anni e che costringe ad utilizzare degli occhiali per vedere “da vicino”. Il bambino emmetrope mette a fuoco a 7 centimetri di distanza, il giovane adulto emmetrope a 10-14 centimetri, il soggetto di 60 anni a 1 metro.

Studio Oculistico Enrico Catone

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